L'anfiteatro di Pola - Croazia
Credo che una foto sia meglio di tante parole, soprattutto se proferite dal sottoscritto.
Vediamo cosa scriveva il Palladio nel capitolo X "Del modo che tenevano gli antichi nel far gli edificij in pietra" nel Primo Libro dell'Architettura.
"...nelle opere degli antichi è stata usata tanta diligenza nel congiungere insieme le pietre che in molti casi la giuntura si riconosce appena; in questo modo, oltre ad ammirare la bellezza dell'edifici se ne apprezza la forza... gli antichi prima lavoravano solamente le facce delle pietre che andavano sovrapposte lasciando le altre parti grezze, poi le ponevano in opera in modo che tutte le facce della pietra a vista fossero più grandi del necessario; in questo modo potevano maneggiarle meglio senza timore di danneggiare la facce già finite... così costruivano gli edifici al grezzo per completarli in opera... Alcuni elementi che non si potevano fare in opera, come le rose tra i modiglioni e altri intagli nelle cornici, venivano fatti a terra prima della posa in opera... L'arco vicino a Castelvecchio a Verona (http://it.wikipedia.org/wiki/Arco_dei_Gavi)... fu costruito in detto modo...
L'arco di Castelvecchio a Verona
La Colonna Traiana a Roma (http://it.wikipedia.org/wiki/Colonna_Traiana) similmente fu costruita perché in altro modo non potrebbe essere stata realizzata in quanto le giunture delle pietre passano attraverso le teste e le altri parti delle figure rappresentate...
La Colonna Traiana a Roma
E se qualche edificio era molto grande, come l'Arena di Verona, l'Anfiteatro di Pola, o simili, per risparmiare tempo e denaro, venivano lavorati solo le imposte delle volte, i capitelli e le cornici lasciando il resto grezzo, tenendo solamente conto della forma dell'edificio. Ma nei templi e negli alti edifici che richiedevano delicatezza non risparmiavano fatica nel lavorarli..."
Oggi gli edifici generalmente vengono rivestiti con lastre di pietra in modo da ridurne gli interventi di manutenzione nel tempo.
Ex sede UBS - Basilea (Svizzera)
Architetto Mario Botta
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